Siamo come i cammelli, anche noi abbiamo le nostre riserve di cibo e di acqua. Ne disponiamo dalla notte dei tempi per poter far fronte alla spesa energetica legata all’esercizio fisico. Che poi nei tempi andati l’esercizio fisico prevalente era quello di rincorrere una preda o di scappare da un predatore: bisognava avere una buona resistenza e dunque bisognava disporre della giusta quantità di energia.
Glicogeno muscolare ed epatico
I due siti principali per lo stoccaggio dei carboidrati nel corpo umano sono il muscolo ed il fegato. In queste sedi i carboidrati sono conservati sotto forma di glicogeno. Il glicogeno è un polimero composto da tante molecole di D-glucosio unite le une alle altre da specifici legami. Sappiamo che tutte le nostre cellule sono in grado di utilizzare il glucosio per produrre energia (ATP). Quando il glucosio ematico si esaurisce allora è il momento di approfittare delle nostre scorte di glicogeno. La principale funzione del glicogeno muscolare è quella di fornire unità di glucosio per l’energia necessaria ai muscoli mentre il glicogeno epatico contribuisce a mantenere stabili i livelli di glucosio nel sangue.
Riserve di carboidrati e di grassi a confronto
La quantità totale di energia disponibile sotto forma di carboidrati nel nostro corpo è, in un individuo del peso di 70 kg, di circa 2000 kcal. Non è poi così tanta. Dunque i carboidrati possono esaurirsi e si esauriscono sicuramente durante l’esercizio di lunga durata o durante uno sforzo breve ma di elevata intensità. Se confrontiamo la quantità di carboidrati immagazzinata nel corpo con quella dei grassi ci accorgiamo che, nello stesso individuo di 70 kg, il grasso fornisce circa 100.000 kcal, 50 volte più di quelle fornite dai carboidrati. Si comprende perché non corriamo alcun rischio di esaurire le riserve di grasso durante una singola seduta di allenamento (ci piacerebbe ma non è possibile). Ed è per questo che la resistenza e l’adattamento all’allenamento aerobico di lunga durata sono legati alla possibilità di usare prevalentemente i grassi come combustibile. Avere un’elevata efficienza lipolitica ci consente di preservare i nostri preziosi depositi di carboidrati.
Ci sono molti fattori che influenzano la misura in cui usiamo i carboidrati nel corso di una singola seduta di allenamento. Tra questi, l’intensità e la durata dell’esercizio hanno il maggiore impatto. Per bassi carichi di lavoro i grassi rappresentano il combustibile preferito dai muscoli mentre con l’aumentare dell’intensità dell’esercizio aumenta anche l’utilizzo dei carboidrati come fonte energetica. Ad un certo punto il corpo si dimentica dei grassi ed i carboidrati diventano il combustibile preferito. Questo evento è noto come crossover. Al 25% della VO2 max (massimo consumo di ossigeno) circa il 90% dell’energia necessaria ai muscoli proviene dagli acidi grassi liberi circolanti e dai trigliceridi immagazzinati nel muscolo stesso. Ad altissima intensità (85% della VO2max) i carboidrati provenienti dal glucosio plasmatico e dal glicogeno muscolare forniscono circa il 75% dell’energia. Tra i fattori che contribuiscono alla maggiore dipendenza dai carboidrati ad intensità di esercizio più elevate sono da ricordare anche le fibre muscolari che vengono reclutate. Sappiamo, infatti, che per carichi di lavoro elevati dobbiamo usare le nostre fibre muscolari di tipo II che già di per sè preferiscono i carboidrati ai grassi.
La glicogenolisi
La scissione del glicogeno durante l’esercizio fisico, processo noto come glicogenolisi, viene attivata dall’enzima fosforilasi. La fosforilasi può essere attivata a seguito del rilascio di adrenalina da parte delle ghiandole surrenali oppure in conseguenza dell’aumento dei livelli di calcio intracellulare nel muscolo in contrazione. Entrambe questi meccanismi svolgono un ruolo nell’attivazione della fosforilasi e nella lisi del glicogeno muscolare durante l’esercizio. Il glucosio che deriva dalla glicogenolisi entrerà nel percorso di generazione dell’ATP (glicolisi). Maggiore è l’intensità dell’esercizio e maggiore è il tasso di utilizzo dell’ATP con conseguente calo della carica energetica nei muscoli in esercizio.
Esaminiamo più da vicino la relazione tra l’intensità dell’esercizio e la ripartizione del glicogeno. Alla massima intensità di esercizio (150% della VO2max) il glicogeno muscolare viene degradato ed esaurito ad un ritmo molto alto. Ci sono due spiegazioni principali alla base di questo fenomeno. Innanzitutto, il tasso di utilizzo dell’ATP è estremamente alto a questa intensità e la produzione di ATP deve cercare di tenere il passo. Dato che questa intensità può essere mantenuta solo per un brevissimo periodo di tempo, la maggior parte dell’ATP prodotto deve provenire dal glicogeno già immagazzinato nel muscolo. Non ci sarebbe infatti abbastanza tempo per ricorrere ai grassi stoccati nel tessuto adiposo o per attingere al glicogeno epatico. Non dobbiamo poi dimenticare che ad elevate intensità di esercizio reclutiamo prevalentemente le nostre fibre muscolari di tipo II che preferiscono i carboidrati ai grassi.
All’altro estremo abbiamo quegli esercizi che comportano un basso carico di lavoro (30% della VO2 max). In questi casi la velocità di deplezione del glicogeno muscolare è significativamente inferiore. È fuor di dubbio che il tasso di utilizzo dell’ATP sia piuttosto basso a questo carico di lavoro e le fibrocellule muscolari dipendono maggiormente dai grassi come fonte di carburante secondo il concetto già espresso del crossover. In questo casi si assiste ad un maggiore coinvolgimento delle nostre fibre muscolari di tipo I che hanno la capacità di utilizzare il glicogeno ed il glucosio in presenza di ossigeno (glicolisi aerobica), rallentando così la velocità di utilizzazione dei carboidrati.
Infatti quando le molecole di glucosio vengono scomposte anaerobicamente tramite la glicolisi anaerobica (che ha luogo nel citosol) vengono prodotte solo due moli di ATP. Al contrario quando i carboidrati vengono sottoposti a lisi in modo aerobico a livello dei mitocondri (glicolisi aerobica) allora vengono prodotte ben 30 moli di ATP. Pertanto, la lisi aerobica consente una produzione di ATP 15 volte maggiore per unità di glucosio. Come risultato di questa maggiore produzione di ATP i muscoli possono permettersi di usare i carboidrati ad un ritmo molto più lento.
In sintesi, i carboidrati sono un combustibile importante per i muscoli in contrazione. L’intensità dell’esercizio ed il reclutamento delle fibre sono i principali fattori che determinano l’utilizzo dei carboidrati. C’è una quantità limitata di carboidrati immagazzinati nel corpo umano. L’attivazione della glicogenolisi e della glicolisi è regolata da molteplici fattori tra cui gli ormoni, i livelli di calcio intramuscolare e la carica energetica.
Qualche notizia in più sul glicogeno epatico
La funzione principale del glicogeno epatico è quella di fornire glucosio per mantenere stabili i livelli di glicemia durante l’esercizio. Nel corso delle attività aerobiche, i muscoli si basano sulle fonti di carburante veicolate dal sangue (vedi glucosio e acidi grassi liberi). Mentre i muscoli estraggono il glucosio dal sangue ai fini della produzione di ATP, i livelli di glicemia scendono pericolosamente in basso. Fortunatamente il glicogeno epatico può essere scomposto in singole unità di glucosio che vengono riversate nel torrente circolatorio evitando così l’ipoglicemia indotta dall’esercizio fisico.
La scissione del glicogeno epatico è principalmente regolata dall’ormone pancreatico glucagone. Similmente a quanto accade per la glicogenolisi muscolare indotta dall’epinefrina (sinonimo di adrenalina), il glucagone attiva l’enzima fosforilasi dando inizio alla scissione del glicogeno epatico in singole unità di glucosio. Il glucosio appena formato diffonderà dunque nel sangue, mantenendo stabile la glicemia mentre i muscoli attivi continuano ad estrarre il glucosio da utilizzare come carburante.
I carboidrati nella maratona
Che utilizzo viene fatto dei carboidrati durante un esercizio prolungato come ad esempio una maratona? Inizialmente, lavorando a quel livello di intensità che può essere sostenuta per un tempo indicativo di 4 ore, circa il 50% del carburante per i muscoli in contrazione proviene dai carboidrati mentre il restante 50% proviene da grassi. Con il proseguire della prestazione le riserve di glicogeno muscolare ed epatico iniziano ad esaurirsi. Come abbiamo già detto disponiamo di una quantità limitata di carboidrati, troppo piccola per soddisfare i bisogni energetici durante l’esercizio. L’esaurimento dei carboidrati coincide con una diminuzione delle prestazioni e con l’inizio della fatica. È stato possibile verificare che tra coloro che si allenano al 75% della loro VO2 max quelli che dispongono di una maggior quota di glicogeno muscolare sono in grado di resistere più a lungo. Forti di questa conoscenza si è pensato che potesse essere utile agire sulla dieta allo scopo di aumentare le riserve di glicogeno. Più precisamente nei giorni che precedono la prestazione è consigliabile aumentare l’apporto in carboidrati. Si parla a tal proposito di carico di carboidrati o di ricarica glucidica.
Ora sappiamo che la quantità di glicogeno immagazzinata nel muscolo prima di una gara di endurance ci permette di continuare a correre per un periodo di tempo più lungo al ritmo scelto. Una seconda tecnica comunemente usata dagli atleti di resistenza per compensare l’esaurimento dei carboidrati e ritardare l’insorgere della fatica è l’assunzione di carboidrati durante l’esercizio. L’ingestione di una bevanda contenente una piccola quantità di carboidrati durante l’esercizio fisico può aiutare a mantenere stabili i livelli di glucosio nel sangue risparmiando così il glicogeno epatico. Quando ci si allena dal 70 al 75% della VO2 max senza assumere carboidrati allora la fatica sopraggiunge in media alla terza ora. L’assunzione di una bevanda contenente carboidrati ogni 30 minuti dopo l’inizio dell’esercizio fa in modo che gli atleti possano allenarsi o gareggiare per un’ora in più prima di avvertire la fatica.
Attività aerobica e biogenesi mitocondriale
Io, come voi, li ho ereditati da mia madre che a sua volta li ha ereditati da sua nonna e così via all’indietro per linea materna. Ce ne abbiamo un certo numero e alcuni sono talmente malridotti da dover essere rottamati. La loro aspettativa di vita è infatti più breve di quella della cellula che li contiene. Sto parlando dei mitocondri. La cosa bella è che possiamo aumentarne la biogenesi sottoponendoci ad esercizi aerobici con regolarità e con mentalità allenante. Un individuo sedentario può sperare in un aumento del 100% del contenuto mitocondriale delle sue cellule dopo mesi di allenamento aerobico. Poiché i grassi possono essere utilizzati solo nei mitocondri ai fini della produzione di ATP, avere il doppio dei mitocondri significherà avere il doppio della capacità di utilizzare i grassi come carburante (maggiore efficienza lipolitica)
Avere il doppio dei mitocondri migliorerà la nostra capacità di utilizzare i carboidrati per via aerobica. Ricordiamo che dalla glicolisi aerobica otteniamo 15 volte più ATP che dalla glicolisi anaerobica o per dirla in altro modo, possiamo usare 15 volte meno carboidrati per avere lo stesso tasso di produzione dell’ATP.
Concludendo…
Muoversi, se non lo si fa già, è il miglior modo che abbiamo per mantenerci in salute. Sono appassionata di corsa e riconosco a questo sport una serie infinita di benefici. Mentre corro penso alla biogenesi mitocondriale in atto e all’espansione del letto vascolare, al miglioramento della mia fitness cardiorespiratoria, agli adattamenti che mi porteranno ad avere un cuore da atleta… e tutto questo mentre il mio cervello si ossigena riversando in circolo quantità discrete di endorfine…
La passione per la corsa non si spiega, bisogna viverla. Poi però mi dico che ci vogliono anche gli esercizi contro resistenza (vedi pesi) e l’alimentazione migliore che ci possa essere…
Fate questo, fatelo con costanza, e tutto andrà per il verso giusto…
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