Con il bel tempo viene voglia di scoprirsi e in vista della famosa “prova costume” sono molti quelli che iniziano a seguire una dieta. Tra coloro che fanno da sé la cosa più comune che possa capitare è quella di rinunciare non solo a dolci e dolcetti ma anche a pane e pasta.
Sembra un approccio efficace perché, specie se si viene da un periodo in cui si è mangiato troppo, l’ago della bilancia comincia a scendere. In realtà strategie così drastiche andrebbero evitate.
I biochimici sanno bene che i grassi bruciano alla fiamma lenta dei carboidrati.
Infatti per poter utilizzare i grassi come fonte di energia c’è bisogno di ossalacetato, derivante a sua volta dalla demolizione degli amminoacidi acido aspartico e asparagina. Ma nelle diete con scarso apporto di carboidrati l’ossalacetato viene utilizzato per ricostituire il glucosio (processo noto come gluconeogenesi). In queste condizioni la demolizioni dei grassi non è completa e si producono i corpi chetonici. Tra questi l’acetone che essendo una sostanza volatile viene eliminata con il respiro.
E dal momento che scarseggia l’energia derivante dalla glicolisi e dalla demolizione degli acidi grassi sono i corpi chetonici a fungere da substrato energetico in grado di rifornire di energia tutti i tessuti, cervello compreso.
Ma in definitiva una dieta povera di carboidrati:
1) comporta un’incompleta e meno efficiente demolizione del grasso corporeo;
2) crea nell’organismo una condizione di maggiore acidità con conseguente aumento della ritenzione idrica;
3) si associa ad un abbassamento del tono dell’umore a causa della scarsa presenza di triptofano, precursore della serotonina.
Il segreto come al solito sta nelle giuste proporzioni. Carboidrati, grassi e proteine, i cosiddetti macronutrienti, devono rappresentare rispettivamente il 55%, il 30% e il 15% dell’apporto calorico giornaliero.
Quindi niente diete lampo…. il risultato è così effimero che non ne vale la pena.
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