“Microbiota intestinale” è l’espressione attraverso la quale si indica l’insieme di microrganismi (virus, batteri, miceti e parassiti) che colonizzano il tratto gastroenterico. Dire microbiota equivale dunque a dire flora microbica intestinale. La composizione di questo vasto insieme di microrganismi è specifica per ogni individuo proprio come succede per le impronte digitali ma, a differenza delle impronte digitali che rimangono invariate per tutta la vita, la microflora può subire profondi cambiamenti sotto l’azione di fattori endogeni ed esogeni.
La colonizzazione dell’intestino avviene al momento della nascita a seguito del passaggio del feto lungo il canale del parto anche se vi è evidenza che già durante la vita intrauterina nel liquido amniotico di neonati sani siano presenti minime quantità di microrganismi (Jimenez et al. 2008).
Ed è inevitabile che sia così perché senza i nostri microbi non potremmo vivere, sarebbe come nascere senza pelle. Basti pensare che i microrganismi che popolano il nostro intestino contribuiscono a formare una sorta di scudo protettivo a livello della mucosa intestinale contrastando la diffusione di organismi potenzialmente patogeni. Più batteri buoni ci sono e minori sono le probabilità di andare incontro ad una sovra-crescita dei batteri cattivi. In più i batteri buoni contribuiscono alla digestione di alcuni componenti alimentari, sintetizzano acidi grassi a catena corta (acido butirrico, acido proprionico e acido acetico) importante fonte di nutrimento per le cellule che rivestono il colon, partecipano al metabolismo degli ormoni endogeni e dei farmaci, stimolano il Sistema Immunitario, sintetizzano vitamine e folati e regolano la motilità intestinale.
Sono molti i fattori che determinano la qualità della flora intestinale e tra questi:
- la modalità del parto: naturale o cesareo;
- l’allattamento materno;
- la flora vaginale e intestinale della madre;
- l’igiene ambientale: eccesso di igiene nell’età perinatale, flora cutanea della regione mammaria, contaminazioni successive;
- l’alimentazione;
- le condizioni di organi quali l’esofago, lo stomaco e il pancreas;
- farmaci quali antibiotici, anti-acido e cortisonici;
- gastroenteriti ricorrenti;
- e stress cronico.
Quando la flora batterica è in pieno equilibrio si parla di eubiosi mentre quando questo equilibrio si rompe e i batteri patogeni cominciano a proliferare si parla di disbiosi. Se siamo portatori di un intestino eubiotico probabilmente sentiamo di godere di una piena salute, dormiamo bene, digeriamo bene, abbiamo un Sistema Immunitario competente in grado di difenderci dalle aggressioni provenienti dal mondo esterno, siamo ben disposti verso la vita e verso il resto del Mondo. In poche parole siamo sani come un pesce!
Se al contrario ci portiamo appresso un intestino disbiotico potremmo sentirci in tutt’altro modo. Cefalea, lombalgie, astenia, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, dermatiti, cistiti, vaginiti, prostatiti, meteorismo, difficoltà a digerire, gastriti acute o croniche, ulcere gastriche o duodenali, afte, parodontopatie e micosi sono solo alcune delle condizioni messe in relazioni con un intestino in disordine.
Di fronte ad un quadro così eterogeneo potrebbe nascere il sospetto di patologie da malassorbimento e vale la pena escludere la diagnosi di celiachia andando a dosare gli anticorpi anti-gliadina deaminata (AGA-IgA, AGA-IgG) anti-endomisio (EMA-IgA), anti-transglutaminasi (tTG-IgA) e DQ2 e DQ8 in caso di familiarità.
Non è infrequente che la disbiosi divenga una condizione cronica e sulla base della sola clinica potrebbe essere possibile distinguere tra
- una disbiosi fermentativa nella quale, a causa di una carenza enzimatica o della sovra-crescita di patogeni nel piccolo intestino (SIBO: Sindrome da sovra-crescita batterica nel tenue) e di un’alimentazione particolarmente ricca di carboidrati, si manifestano gonfiore addominale, meteorismo, alvo che alterna stipsi e diarrea, flatulenza inodore e feci acide;
- una disbiosi putrefattiva causata da un eccesso di proteine animali e di grassi nell’ambito di una dieta carente di fibre; in questa condizione la lingua è coperta da una patina bianca, vi è alitosi, l’addome è dolente; stipsi, flatulenza maleodorante e feci alcaline completano il quadro;
- una disbiosi micotica associata ad un’alimentazione troppo ricca di zuccheri, diarrea, prurito o fastidio anale, astenia, dermatite, vaginiti e cistiti.
Che sia fermentativa, putrefattiva o micotica la disbiosi va in prima istanza trattata curando l’alimentazione: riportare nelle giuste proporzioni la quantità di carboidrati e di proteine, eliminare gli zuccheri semplici e aumentare in maniera appropriata il consumo di verdure e di fibre.
Vale la pena farlo perché la disbiosi non è solo “mal di pancia” associata a stipsi o diarrea ma è sempre di più malattia sistemica: insulino-resistenza, obesità, diabete, patologie cardio-vascolari, malattie autoimmuni e degenerative del Sistema Nervoso Centrale. Ma com’è possibile che un fatto intestinale possa condizionare la salute dell’intero organismo?
Gli enterociti, le cellule che rivestono l’intestino, hanno essenzialmente il ruolo di rendere possibile l’assorbimento dei nutrienti. I lipidi diffondono normalmente attraverso il doppio strato fosfolipidico della membrana cellulare, il gluciosio dispone di specifiche porte di ingresso mentre aminoacidi, vitamine e sali minerali vengono assorbiti per via para-cellulare, cioè attraverso lo spazio tra un enterocita e l’altro. Ma bisogna che anche qui venga fatta selezione tra ciò che merita di passare e ciò che non deve passare. Quello para-cellulare non è uno spazio facilmente praticabile da qualsiasi tipo di molecola essendo caratterizzato dalla presenza di una serie di giunzioni:
- la giunzione occludente o tight junction;
- la giunzione ancorante (giunzione intermedia e desmosoma);
- la giunzione comunicante o gap junction.
Si tratta di un complesso sistema, tanto importante da occupare pagine e pagine sui libri di istologia.
Di fatto un danno diretto all’enterocita o uno scompaginamento delle giunzioni tra una cellula e l’altra porta ad una condizione spesso sottovalutata nota come sindrome dell’intestino poroso o leaky gut syndrome. Così ad esempio in condizioni di disbiosi, i batteri patogeni non adeguatamente contrastati dai batteri buoni finiscono con il produrre una serie di sostanze quali cadaverina, putrescina, tiramina, mercaptano, indolo e scatolo, tutte dotate di azione tossica nei confronti dell’enterocita.
Di conseguenza l’enterocita va incontro a morte, la struttura associata allo spazio para-cellulare si dissesta, la permeabilità selettiva non viene più garantita, molecole con possibile azione allergizzante o infiammatoria diffondono nel torrente circolatorio. Compaiono allora sintomi sistemici, spesso messi in relazione all’assunzione di un determinato alimento.
E allora rischiamo di fare come quello che guarda il dito invece di guardare la luna. La colpa il più delle volte non è dell’alimento bensì della disbiosi intestinale!
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