L’intolleranza alimentare all’istamina si può manifestare con uno spettro sintomatologico piuttosto complesso: rush cutanei, prurito, sintomi gastrointestinali quali nausea, vomito, diarrea e crampi addominali. Più raramente compaiono sintomi cardiovascolari quali ipotensione, vertigini e tachicardia.
Questa condizione viene posta in diagnosi differenziale con l’orticaria, con le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), con la celiachia o con altri stati patologici su base allergica.
L’istamina è un’amina biogena sintetizzata a partire dall’amminoacido istidina a seguito di un processo di decarbossilazione catalizzato dall’istidina decarbossilasi. L’istamina endogena viene sintetizzata a livello dei basofili e dei mastociti. I mastociti sensibilizzati verso un dato antigene presentano sulla loro superficie le IgE specifiche per quell’antigene. Quando avviene una seconda esposizione alla medesima sostanza allergizzante è sufficiente che questa venga legata da due IgE contigue perché si abbia la degranulazione con liberazione massiva di istamina.
Esiste d’altro canto anche un’istamina esogena ed è quella che assumiamo con gli alimenti. Sempre più frequentemente si assiste ad un’importante reazione dopo il consumo di pesce ad alto contenuto di istamina (in particolare la reazione esiste per i pesci appartenenti alla famiglia degli sgombroidi quali tonno e maccarello e prende per questa ragione il nome di sindrome sgombroide).
Esistono due diverse vie metaboliche per l’eliminazione dell’istamina:
- La metilazione attraverso l’N-metiltransferasi (HNMT);
- L’ossidazione attraverso la deamino-ossidasi (DAO).
Già a partire dagli anni ‘80 si è cominciato a sospettare che le amine biogene, anche dopo l’assunzione di quantità al di sotto della dose giornaliera accettabile (DGA), potessero indurre in certe persone un’intolleranza. L’interesse si concentrò soprattutto sull’istamina anche se esistono molte altre amine quali la cadaverina, la triptamina, la tiramina, la serotonina, la putrescina, la spermina e la spermidina.
Il meccanismo patologico alla base della reazione all’istamina esogena è con ogni probabilità legato ad un deficit enzimatico a carico della HNMT e della DAO (2).
La stessa espressione “intolleranza alimentare all’istamina” è stata coniata per similarità con l’intolleranza al lattosio (anche questa derivata da un deficit dell’enzima lattasi). Nel caso dell’istamina però gli enzimi preposti alla degradazione sono due: andrebbe pertanto dosata l’attività della DAO nel siero e quella della HNMT nelle urine. In un lavoro del 2009 Kofler H. et al. (3) hanno negato alla DAO il ruolo di marker per la diagnosi di intolleranza alimentare all’istamina. Dunque anche se la reazione di intolleranza dopo l’assunzione di istamina esogena viene attribuita ad un deficit funzionale della DAO, questa relazione di causalità non è stata ancora scientificamente dimostrata.
Di certo avrebbe maggior valore diagnostico la misurazione dell’attività enzimatica della DAO direttamente a livello della mucosa intestinale dal momento che proprio in questa sede avviene la demolizione dell’istamina esogena. In base a quelle che sono le attuali conoscenze, al contrario di quanto avviene negli animali, nella specie umana la concentrazione di DAO nel sangue non ha alcuna relazione con l’attività enzimatica che ha luogo nel piccolo intestino.
L’attività della DAO può essere inoltre depressa da una serie di farmaci. Tra questi ricordiamo:
- L’acetilcisteina, farmaco ad azione mucolitica;
- Il metamizolo, farmaco analgesico non steroideo;
- Il verapamil, farmaco calcio-antagnonista indicato nel trattamento dell’ipertensione;
- Il metronidazolo, antibiotico appartenente alla classe dei composti nitromidazolici;
- La metoclopramide, farmaco antiemetico e gastroprocinetico.
In letteratura non sono presenti dati approfonditi sull’argomento. Saranno necessarie ulteriori ricerche per poter conoscere il tipo di interazione che viene a stabilirsi tra questi principi attivi e gli enzimi preposti alla degradazione dell’istamina. Kuefner et al. (4) hanno evidenziato un’attività depressa della DAO a livello della mucosa colica in pazienti affetti da allergie alimentari, senza però che i dati raccolti raggiungessero la significatività statistica. Per contro l’attività dell’HNMT era in questi soggetti significativamente ridotta. Parallelamente la concentrazione di istamina a livello della mucosa intestinale era aumentata. Sulla base di questi dati gli Autori sono giunti alla conclusione che l’alterato metabolismo dell’istamina a livello intestinale sia da attribuire ad un deficit di funzione dell’HNMT.
Il significato del dosaggio ematico dell’istamina è piuttosto controverso. Giera et al. (5) hanno somministrato 75 mg di istamina a pazienti con sospetta intolleranza alimentare a questa amina versus un gruppo di controllo. L’innalzamento della concentrazione di istamina nei pazienti sottoposti al test di provocazione era minimo e non statisticamente significativo.
Il metodo più adatto per confermare il sospetto diagnostico è un test di provocazione orale con una dose titolata di istamina. Dal momento che non esiste in letteratura una procedura standardizzata la prima difficoltà che si incontra è quella di stabilire la dose orale di istamina che non induca sintomi nei controlli sani ma che si associ alla comparsa del corteo sintomatologico nei soggetti intolleranti. Prima ancora di sottoporsi al test di provocazione orale, al fine di ridurre il numero di falsi positivi, i pazienti dovranno seguire delle indicazioni alimentari secondo uno schema in tre fasi (vedi Tabella 1).
Il test che va condotto in una struttura dedicata e sotto stretto controllo medico si esegue con dosi crescenti di idrocloridrato di istamina fino ad individuare la dose massima tollerata (ad esempio 0,5 mg/kg di peso corporeo, a seguire 0,75 mg/kg di peso corporeo, fino a 1 mg/kg di peso corporeo). In genere alla comparsa dei primi sintomi si interviene con la somministrazione di antistaminici.
Sulla base dell’esperienza si è visto che le reazioni individuali possono essere estremamente variabili. Un ruolo importante alla base della variabilità di reazione è probabilmente legato ad un’alterata permeabilità della mucosa intestinale. Diversi sono i fattori in grado di allentare l’azione di barriera della mucosa intestinale e tra questi citiamo:
- L’acido acetilsalicilico e in generale FANS specie se in associazione con inibitori della pompa protonica;
- L’assunzione di bevande alcoliche;
- Condizioni ormonali;
- Stati flogistici a carico della mucosa intestinale;
- Condizioni di disbiosi intestinale.
Una volta giunti alla diagnosi di intolleranza alimentare all’istamina risulta piuttosto difficile impostare uno schema alimentare anche in ragione dell’estrema variabilità nel contenuto di istamina nei diversi alimenti. Così ad esempio l’emmenthal può contenere da meno di 0,1 mg/kg di istamina a 2000 mg/kg. Si rischia di fatto di vietare alimenti che non contengono affatto istamina (un esempio è il lievito di birra) o ancora si vietano alimenti classificati come istamina-liberatori senza che esistano a proposito prove certe.
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità l’1-2% della popolazione soffre di allergie alimentari mentre le intolleranze interessano il 50-60%. Diverse sono le ipotesi alla base dell’aumentata incidenza delle intolleranze alimentari: la qualità del cibo, lo stress, l’infiammazione (come quella sistemica di basso grado associata all’obesità), la destrutturazione delle giunzioni serrate, l’attivazione del sistema immunitario attraverso i Toll Like Receptor (TLR) e il sistema “chaperon” (6).
In merito alla destrutturazione delle giunzione serrate si parla da qualche tempo di sindrome dell’intestino permeabile (Leaky Gut Sindrome, LGS). Si ipotizza che alla base di questa condizione ci sia la disbiosi intestinale. I batteri patogeni, prevalendo su quelli buoni, sono responsabili della formazione in quantità apprezzabili di nitrosammine, ptomaine (cadaverina, putrescina, tiramina, istamina, mercaptano, indolo, scatolo), di residui ammoniacali e di idrogeno solforato. In presenza di disbiosi intestinale si viene a creare inoltre un ambiente debolmente acido, neutro o debolmente basico (pH tra 6 e 8) non adatto al funzionamento ottimale degli enzimi digestivi. Se ipotizziamo com’è probabile che l’intolleranza alimentare all’istamina sia uno dei tanti aspetti della sindrome dell’intestino permeabile, la cura definitiva non consisterà nella dieta di esclusione ma nel ripristino della funzione di barriera dell’epitelio intestinale (6).
Tabella n. 1
Fase | Obiettivo | Raccomandazioni | Durata |
1) Dieta a basso contenuto di istamina | Ridurre l’esposizione alimentare all’istamina nella fase che precede il test | Scelta ottimale degli alimenti anche nella combinazione all’interno di un pasto | 10-14 giorni |
2) Test
|
Confermare la reale presenza di un’intolleranza alimentare all’istamina | Ritardare l’esecuzione del test in caso di stress, mestruazioni, assunzione di farmaci | |
3) Indicazioni nutrizionali da adottare nel lungo periodo | Consentire una migliore qualità di vita |
Flow-chart operativa per la diagnosi dell’intolleranza alimentare all’istamina
Bibliografia
- Imke Reese et al. Vorgehen bei Verdacht auf Unverträglichkeit gegenüber oral aufgenommenen Histamin. Allergo J 2012;21(1):22-28.
- Maintz L, Novak N. Histamine and histamine intolerance. Am J Clin Nutr 2007;85:1185-86.
- Kofler H et al. Diamine oxidase (DAO) serum activity: not a useful marker for diagnosis of histamine intolerance. Allergologie 2009;32:105-9.
- Kuefner et al. Both catabolic pathways of histamine via histamine-N-methyl-transferase and diamine oxidase are diminished in colonic mucosa of patients with food allergy. Inflamm Res 2004;53:31-2.
- Giera et al. Plasma histamine levels and symptoms in double blind placebo controlled histamine provocation. Inflamm Res 2008;57:1-2.
- Lozio L. Microbiota intestinale. Tecniche nuove 2011.
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