Il primo a parlare di “invecchiamento di successo” (successful aging) fu Havinghurts nel 1961. Secondo l’Autore chi vive fino all’ultimo dei suoi giorni in assenza di disabilità e di malattia, mostrando di avere alti livelli di funzionalità fisica e cognitiva e un buon coinvolgimento in attività sociali e produttive, è un “anziano di successo”.
Se da una parte c’è una popolazione che invecchia e in cui dominano patologie, fragilità, disabilità e perdita di autonomia (una vita che non sembra più vita), dall’altra ci sono gli anziani che fanno progetti (la mente è fatta per progettare anche a 90 anni), che sono di aiuto agli altri, che si dedicano con assiduità ad uno sport, che decidono di imparare una nuova lingua. Sono anziani “giovani” nel fisico e nella mente!
Ma perché tanta disparità?
I geni che ereditiamo dai nostri genitori hanno un ruolo fondamentale. Il nostro patrimonio genetico contiene i “gerontogeni” responsabili dell’invecchiamento e i “longevity assurance genes” in grado di garantirci la longevità. Così chi ha più gerontogeni e meno geni della longevità invecchierà anzitempo e viceversa.
Ma l’altro importante fattore in grado di condizionare la velocità con la quale invecchiamo è l’ambiente. Per raggiungere il “Maximum Life Span Potential” proprio della nostra specie (e pari a 120 anni), oltre ad avere i geni giusti, dovremmo evitare di fumare, mantenere un peso corporeo nella norma ed uno stile di vita attivo, seguire un’alimentazione sana (ricca di antiossidanti e povera di grassi saturi) ed infine ridurre l’esposizione agli inquinanti ambientali.
Nel suo libro “La dieta della longevità” Valter Longo parla dell’invecchiamento come di uno dei principali fattori di rischio.
Si definisce “fattore di rischio” (come ad esempio l’eccesso di colesterolo o l’obesità) qualcosa che può influenzare la probabilità di contrarre una certa malattia o di morire. E’ dimostrato che l’obesità è un fattore di rischio del diabete perché può alzare di ben 5 volte la possibilità di svilupparlo. Anche se pensiamo che la cattiva alimentazione, la vita sedentaria o il corredo genetico ereditato dai nostri genitori siano importanti “fattori di rischio”, è dimostrato che il maggior fattore di rischio nel contrarre le malattie come cancro, disturbi cardiovascolari, morbo di Alzheimer e molte altre è l’invecchiamento …
Dunque, visto che l’età è il principale fattore di rischio nel contrarre tutte le malattie più gravi, intervenire sull’invecchiamento è decisamente meglio che cercare di prevenire e curare tutte le principali malattie singolarmente.
Per essere però degli anziani di successo non possiamo disinteressarci del nostro microbiota intestinale. Sappiamo che con il passare degli anni si assiste a specifici cambiamenti a carico della flora batterica residente. Quello che succede è un prevalere dei batteri proteolitici a discapito dei saccarolitici. I primi sono capaci di digerire le proteine grazie alla produzione di proteinasi extracellulari; i secondi sono microrganismi in grado di idrolizzare polisaccaridi complessi.
Ma se il batter d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas, allo stesso modo le variazioni a carico del microbiota intestinale faranno sentire i loro effetti a livello dell’intero organismo. Con l’invecchiamento prevale una flora intestinale pro-infiammatoria a sua volta responsabile del processo di inflammaging (uno stato pro-infiammatorio di basso grado che è ci accompagna via via che diventiamo vecchi).
Poiché tutti aspiriamo ad essere degli “anziani di successo” le regole auree stanno sulle dita di una mano e sono le seguenti:
- seguire una sana alimentazione;
- svolgere regolare attività fisica;
- mantenere un peso nella norma;
- smettere di fumare;
- ed infine, assumere periodicamente fermenti lattici (pro-biotici) ad azione anti-infiammatoria.
Buon “invecchiamento di successo” a tutti!
Molto interessante, vorrei sapere di più
Grazie Enrico per il commento! Scriverò ancora sull’argomento!