Wight stigma

L’obesità è una patologia metabolica che ha raggiunto proporzioni epidemiche. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rappresenta il più grande problema di salute cronica globale degli adulti e una delle principali cause di invalidità e di morte.

Si stima che la popolazione mondiale attulae sia composta da 8.185.483.845 individui. Di questi 1.769.088.992 sono in sovrappeso e 873.504.517 si sono ammalati di obesità.

Si prevede che nel 2025 il 18% degli uomini e il 21% delle donne sarà affetto da obesità, mentre il 40% della popolazione globale sarà in sovrappeso. La crescita di questo problema riguarda tutte le fasce d’età e non risparmia i bambini.

L’obesità è una malattia cronica, ingravescente e recidivante

Ci si ammala di obesità per una serie di cause. Il tessuto adiposo è a tutti gli effetti un organo endocrino. Nel tessuto adiposo troviamo cellule (gli adipociti), matrice extracellulare, vasi e nervi. Non è isolato dal resto del corpo ma proprio attraverso i vasi e i nervi è in connessione con gli altri distretti corporei ai quali veicola ormoni, citochine e altri mediatori metabolici. Il tessuto adiposo, quindi, non ha solo la funzione di immagazzinare energia, come avevamo fin qui pensato. In realtà contribuisce alla regolazione del metabolismo energetico. Come tutti gli organi anche il tessuto adiposo può ammalarsi. Con l’avanzare delle nostre conoscenze sulla condizione dell’obesità siamo arrivati a definirla un’adiposopatia, ovvero una malattia dell’organo adiposo.

La World Obesity Federation l’ha definita una malattia cronica, ingravescente e recidivante (chronic progressive relapsing desease).

Il tessuto adiposo: conosciamolo meglio

I nostri “cuscinetti” di grasso possono essere formati da un numero normale di cellule adipose di grandi dimensioni (obesità di tipo ipertrofico) oppure da un numero aumentato di cellule di dimensioni normali (obesità di tipo iperplastico).

Mentre attraverso lo stile di vita, le scelte alimentari ed opportuni trattamenti è possibile ridurre il volume delle cellule ipertrofiche… non sarà invece possibile, per mezzo delle stesse strategie, ridurre la numerosità delle cellule nell’ambito di un tessuto adiposo iperplastico. Né sarà possibile ridurre il volume degli adipociti che in questo caso appaiono di dimensioni normali.

Nasciamo con un certo numero di cellule adipose ma questa numerosità tende ad aumentare per la possibilità di fare “iperplasia” in due particolari periodi della vita. Si tratta, per le donne, del terzo trimestre di gravidanza e della fascia di età prepuberale in entrambi i sessi. Proprio allo scopo di scongiurare la comparsa di altre cellule adipose oltre quelle di cui siamo forniti quando veniamo al mondo… si dovrà fare in modo che una donna in dolce attesa non ingrassi soprattutto negli ultimi tre mesi prima del parto e che i bambini non aumentino di peso prima dello sviluppo sessuale.

Le cellule adipose possono aumentare di numero e di dimensioni…

Ogni volta che ingrassiamo si ha un aumento della volumetria delle cellule adipose. Allo stesso tempo si avrà la spinta alla differenziazione delle cellule staminali dapprima in pre-adipociti e poi in adipociti maturi. Quando le nostre cellule adipose sono colme di grasso fino al limite è necessario, infatti, reclutare le cellule staminali perché queste si trasformino in adipociti “naive” (con questa espressione si vuole sottolineare il fatto che si tratta di cellule adipose di nuiva formazione che non hanno ancora immagazzinato grasso).  In altre parole ogni volta che ingrassiamo rischiamo di trasformare un’obesità ipertrofica in una iperplastica.  Ma perché la Natura ha reso possibile questo fenomeno?

Pensate a cosa potrebbe accadere dopo l’ennesimo pasto abbondante se tutte le cellule adipose di cui siamo dotati avessero già raggiunto il loro massimo volume! I trigliceridi e gli zuccheri derivati dal processo digestivo continuerebbero ad accumularsi nel sangue fino ad ucciderci!

Ciascun adipocita è in grado di accumulare trigliceridi fino ad aumentare il suo volume del 170%. Quando ha raggiunto queste dimensioni allora manda dei messaggi alle cellule staminali localizzate in sede peri-vascolare. Probabilmente proprio allo scopo di assolvere alla sua funzione di riserva energetica il tessuto adiposo è tra tutti i tessuti  il più ricco in cellule staminali (una cellula staminale ogni 50 adipociti maturi).

Se abbiamo fatto iperplasia … non ci resta che metterci a dieta. La restrizione calorica farà in modo di ridurre dimensione e numero delle cellule adipose. Difficilmente però riusciremo a ristabilire un equilibrio perché mentre i tempi di formazione dei trigliceridi sono molto rapidi (sono sufficienti 45 minuti) e rapida sarà, sotto questa spinta, la formazione di nuovi adipociti …     gli adipociti maturi vanno incontro a morte cellulare programmata (apoptosi) solo ogni 6-8 anni. Questo significa che nell’unità di tempo si formano più cellule adipose di quanto non se ne distruggano!

Il grasso non è tutto uguale

Un aspetto importante è quello che riguarda la distrettualità dei depositi adiposi.  Nel maschio la distribuzione è androide (pancia e tronco), nella femmina è ginoide (fianchi e cosce).  Alla base di questi due diversi biotipi vi sono, ovviamente, i fattori ormonali. La donna ha la necessità di fare riserve energetiche in vista delle gravidanze ed il grasso che si raccoglie in sede epitrocanterica è facile da mettere e difficile da togliere.  Si tratta di un grasso ricco di recettori alfa-adrenergici capaci di inibire la lipolisi (per l’utilizzo dei grassi di deposito a scopo energetico). Il grasso delle cosce diventerà meno resistente al suo utilizzo in corso di lattazione. Dunque per tutte quelle donne che sono ingrassate con la gravidanza… una lattazione prolungata e sostenuta da un regime alimentare bilanciato ed equilibrato vale più di 1000 diete!

Cosa succede quando il grasso si ammala?

L’attenzione al proprio peso non è solo una questione di estetica. Il grasso non è più guardato come un tessuto inerte il cui unico scopo è quello di stoccare energia. Si comporta piuttosto come un organo endocrino tanto da meritarsi  il nome di “organo adiposo”.

Gli adipociti bianchi sono in grado di secernere ormoni (Leptina e Adiponectina), citochine (TNF-alfa, IL6), proteine infiammatorie (aptoglobina, PCR), proteine coinvolte nell’angiogenesi e nell’omeostasi vascolare (VGF, PAI-1, Angiotensinogeno) ed altre sostanze che permettono di modulare lo stato infiammatorio ed influenzare il metabolismo del soggetto.

Per effetto delle citochine pro-infiammatorie la cellula adiposa acquisisce uno stato di insulino-resistenza. Per capire l’insulino-resistenza pensate alla situazione in cui ogni volta che arriva l’insulina con il messaggio “C’è altro zucchero da stoccare sotto forma di grasso”… l’organo adiposo le riponde “Mi dispiace ma qui siamo al completo”.

L’energia in eccesso, una volta colmato il deposito sottocutaneo, diventa “grasso ectopico”. Il grasso ectopico è quello che si accumula a livello viscerale (fegato, cellule beta del pancreas, epicardio, peri-vascolare, muscolo), determinando la condizione di adiposopatia.

Una volta che l’organo adiposo si è ammalato, l’organismo intero aumenta il suo stato infiammatorio. Prende così avvio il fenomeno dell’inflammaging.  L’invecchiamento, sostenuto da questo stato infiammatorio sistemico, aumenterà nel tempo la nostra probabilità di andare incontro a malattie cronico-degenerative.

L’epidemiologia ci dice che tra i pazienti con obesità vi è una maggiore incidenza dei principali fattori di rischio cardiovascolare, tra i quali ipertensione arteriosa, diabete mellito, dislipidemia e sindrome dell’apnee ostruttive del sonno. Ogni due anni vissuti in una condizione di obesità il rischio di mortalità per cause cardiovascolari aumenta del 7%. L’obesità comporta anche un rischio più elevato di sviluppare diverse forme di cancro e osteoartriti.

Conclusioni

Stante l’estrema complessità di questa patologia è necessario un approccio terapeutico multidimensionale. Non solo dieta, dunque. Il paziente con obesità dovrebbe disporre di una squadra fatta da medico internista, endocrinologo, psicoterapeuta, preparatore atletico, nutrizionista e dovrebbe poter acedere gratuitamente alla terapia farmacologica. 

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