Sulla base dei dati epidemiologici è stata avanzata l’ipotesi di una possibile correlazione tra l’infezione da SARS-CoV-2 ed alterazioni del microbiota intestinale. È quanto sostenuto dagli Autori di una recente lettera all’Editore pubblicata sulla rivista Journal of Digestive Disease.
È il 7 Gennaio 2020: su un paziente affetto da polmonite interstiziale viene isolato un nuovo ceppo di Coronavirus. Il Chinese Center for Disease Control and Prevention gli attribuisce il nome di 2019-nCoV (2019–novel CoronaVirus). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, WHO) lo ribattezza SARS-CoV-2. Ad oggi i casi confermati di COVID-19 nel mondo sono 235.404, i pazienti ricoverati sono 84.960, i decessi 9.358. I dati a cui mi sto riferendo sono quelli del Center for Systems Science and Engineering (CSSE) della Johns Hopkins University (mappa interattiva).
Fin qui erano noti sei diversi Coronavirus capaci di infettare l’uomo. Tra questi il virus nominato SARS-CoV e il MERS-CoV (Middle East Respiratory Syndrome CoronaVirus), tutti e due di origine zoonotica (cioè tramessi da animali) e responsabili della comparsa di sindromi respiratorie. SARS-CoV-19 si aggiunge alla lista. Gli studi retrospettivi condotti sulla casistica di Wuhan (81.155 casi, 57.682 ricoverati, 3.130 morti) hanno chiarito che i sintomi di esordio sono febbre, tosse e dispnea. Meno frequenti sono i sintomi gastrointestinali (diarrea e vomito).
La trasmissione del virus avviene con la modalità tipica dei virus respiratori. Per questa ragione l’arma più potente che abbiamo è l’isolamento sociale (social distancing).
Per quanto siano necessarie ulteriori conferme Zhang e collaboratori (People’s Hospital of Wuhan University) hanno rinvenuto la presenza di acidi nucleici appartenenti a SARS-CoV2 nelle feci di pazienti con COVID-19. Questa osservazione porta ad avanzare l’ipotesi che sia possibile anche una trasmissione per via oro-fecale.
Tra gli studi pubblicati in questo breve ma intenso periodo vi sono quelli che parlano dei recettori virali. È noto che i virus possono replicarsi solo sfruttando l’apparato biosintetico della cellula ospite. Non tutte le cellule presenti nel nostro organismo sono però provviste dei recettori superficiali utilizzati dal virus per agganciarsi e penetrare al loro interno. Da questa osservazione si può dedurre che ogni virus è dotato di un suo specifico tropismo, cioè a dire di una sua predilezione per un dato tessuto, organo o apparato.
È possibile che SARS-CoV2 utilizzi ACE-2 (Angiotensin Converting Enzyme 2) come recettore. Che cos’è ACE-2? È l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 e qui bisognerebbe fare un bel tuffo nella fisiologia. Il Sistema Renina- Angiotensina-Aldosterone presiede al controllo della pressione arteriosa. L’enzima ACE-1 converte l’angiotensina-I, inattiva, in agiotensina-II. L’angiotensina-II è tra i più potenti vasocostrittori del nostro organismo. Quando le pareti dei vasi arteriosi si contraggono (vasocostrizione) la pressione sale. La classe di farmaci nota come ACE-inibitori viene pertanto impiegata nel controllo della pressione arteriosa. L’enzima noto come ACE-2 converte l’angiotensina II in Angiotensina 1-7. L’angiotensina 1-7 controbilancia gli effetti negativi dell’angiotensina II, avendo diverse proprietà tra cui quella di produrre vasodilatazione. ACE-2 è abbondante a livello dell’epitelio polmonare, a livello cardiaco ma anche a livello del piccolo intestino. Per questo gli Autori ipotizzano l’esistenza di un gut-lung crosstalk alla base della copresenza di sintomi polmonari e gastrointestinali e di un decorso più severo della patologia.
In bibliografia sono disponibili diversi studi che indagano sull’effetto benefico (new therapeutic option or adjuvant therapeutic choice) dei simbiotici (probiotici + prebiotici) nei pazienti ricoverati in terapia intensiva e che possono manifestare problematiche intestinali (enteriti) e andare incontro a polmonite da ventilazione meccanica (Ventilator‐Associated Pneumonia, VAP). Al momento non esistono evidenze scientifiche dell’utilità di somministrare prebiotici e probiotici ai pazienti affetti da COVID-19 anche se la China’s National Health Commission and National Administration of Traditional Chinese Medicine raccomanda questo tipo di approccio.
L’idea di fondo è che il trattamento con simbiotici possa limitare da una parte la sintomatologia gastrointestinale e proteggere dall’altra l’apparato respiratorio. Potrebbe essere un’arma in più nella gestione dei casi più gravi. Nel frattempo mi auguro che l’impegno dei medici e degli scienziati di tutto il mondo porti presto alla risoluzione di questa pandemia.
Riferimenti bibliografici
Qin Yan Gao et al. 2019 Novel coronavirus infection and gastrointestinal tract. Digestive Desease
Shimizu K et al. Synbiotics modulate gut microbiota and reduce enteritis and ventilator-associated pneumonia in patients with sepsis: a randomized controlled trial. Crit Care
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