Mi viene spesso da pensare che il microbiota intestinale sia come una Stele di Rosetta scritta a cavallo di tre lingue (la mucosa, i batteri patogeni e i batteri saprofiti) che attende di essere decifrata. Cosa ci può essere di più invitante per una mente curiosa come la mia?
Ma non è solo la curiosità che mi anima tanto. L’entusiasmo è legato alle possibili applicazioni terapeutiche. Nei prossimi anni tra i medici più bravi vi saranno quelli capaci di decifrare la complessità dell’ambiente intestinale e i pazienti che capiteranno nelle loro mani saranno tra i più fortunati.
Quanti sono a sapere che, ad esempio, il tratto gastrointestinale rappresenta la più importante fonte extra pineale di melatonina? L’ipotesi è che questo ormone sia in qualche modo coinvolto nella fisiopatologia digestiva. Sono le cellule enterocromaffini a produrre e rilasciare melatonina. Le stesse cellule sono responsabili della produzione di serotonina. Guarda caso serotonina e melatonina sono in antagonismo l’una rispetto all’altra e il loro rilascio, diversificato nel tempo, sembra essere correlato alla periodicità dell’assunzione di cibo. Così ad esempio il digiuno comporta un aumento delle concentrazioni di melatonina che sarebbe in grado di agire a livello della muscolatura liscia del tratto digestivo contrastando sia la stipsi che la diarrea. A causa delle sue proprietà uniche, la melatonina potrebbe essere presa in considerazione per la prevenzione o il trattamento del cancro del colon-retto, della colite ulcerosa, delle ulcere gastriche e della sindrome dell’intestino irritabile.
Importantissimo è poi il concetto della biodiversità. Un soggetto sano ha almeno 1.500 diverse specie batteriche che albergano nel suo intestino. Al contrario si pensa che un basso numero di specie batteriche intestinali possa essere foriero di malattie. La cosa curiosa è che questo è vero solo per il distretto intestinale. Sappiamo da tempo che esiste un microbiota cutaneo, un microbiota del cavo orale, un microbiota gastrico e uno vaginale. Questi diversi “microbioti” sono sani quando si compongono di un numero ristretto di specie batteriche. Per esempio l’80% dei batteri che abitano nel cavo orale sono degli streptococchi e molti appartengono alla specie salivarius. Qui dunque la biodiversità è minima. Ed ancora, la flora batterica vaginale (anche detta di Doderlein) è caratterizzata dalla dominanza di una singola specie del genere Lactobacillus (vedi ad esempio L. crispatus). Volendo usare una metafora si potrebbe paragonare l’intestino ad una megalopoli con un’alta densità di popolazione mentre la flora batterica degli altri distretti corporei assomiglia più ad un villaggio rurale.
Native core microbiota
Lo chiamiamo native core microbiota ed è l’insieme eterogeneo di batteri che viene a formarsi in epoca perinatale. Durante tutto il resto della vita questo complesso sistema tenderà a rimanere invariato anche a seguito di gastroenteriti o dell’assunzione di farmaci (vedi antibiotici). Me lo figuro come un pungiball, uno di quei pupazzi a cui tu dai un bel pugno ma che si rimettono subito in piedi sorridenti come sempre. Il native core microbiota è quello che ereditiamo dalla mamma durante un parto vaginale e con il successivo allattamento al seno.
Scrive il Prof. Martin J. Blaser nel suo libro dal titolo inquietante “Che fine hanno fatto i nostri microbi?”
In tutto il regno animale, le madri trasmettono i microbi ai loro piccoli nel metterli alla luce. Diverse specie di girini acquisiscono specifici batteri della pelle dalle madri, pur vivendo tutti nello stesso stagno e nello stesso ambiente batterico. Attraverso una sacca piena di batteri che si trova vicino al retto, la gallina introduce i microbi nei pulcini che escono dall’uovo. E per millenni, i cuccioli di mammifero hanno acquisito popolazioni fondanti di microbi passando attraverso la vagina della madre. Questo trasferimento, che costituisce un aspetto cruciale anche della salute infantile negli esseri umani, oggi è in pericolo.
Il parto cesareo impedisce il contatto con le secrezioni vagino-rettali della madre e impedisce il fisiologico trasferimento del microbiota intestinale. Dopo un parto cesareo la contaminazione avverrà attraverso il contatto cutaneo e nell’intestino del neonato prevarranno stafilococchi e streptococchi in luogo di lattobacilli, enterococchi e bifidobatteri. I bambini nati da parto cesareo hanno un incremento del rischio di sovrappeso e obesità dell’8%. Il 20% di loro svilupperà un asma allergico (prevalenza della risposta Th2 tipica del soggetto atopico).
Per fortuna che esiste il latte materno. Gli autori americani parlano a tal proposito di rescue therapy, terapia di salvataggio. Questo significa che un bambino nato da un prato cesareo può comunque realizzare un buon microbiota intestinale grazie al latte della propria mamma. Scrive sempre Martin J. Blaser nel suo libro:
Il latte materno… contiene carboidrati chiamati oligosaccaridi che i bambini non riescono a digerire. Perché il latte contiene composti ricchi di energia che i bambini non possono usare direttamente? La ragione sono i microbi. Gli oligosaccaridi possono essere mangiati ed utilizzati come fonte di energia da batteri specifici come il Bifidobacterium infantis, una specie fondamentale nei bambini sani. Il latte materno è costituito in modo da selezionare alcuni batteri particolari per dare all’infante un vantaggio sui batteri rivali. Il latte materno contiene anche l’urea, un prodotto di scarto dell’urina, tossico per i bambini. Anche in questo caso, è lì per nutrire batteri selezionati fornendo una fonte di azoto che consente loro di produrre le proteine senza mettersi in competizione direttamente con il bambino per procurarsi l’azoto. La natura ha architettato un sistema estremamente intelligente affinché gli scarti della madre vengano utilizzati per rafforzare la crescita di batteri benefici per il bambino.
Anche se i bambini sono nati in un mondo strapieno di batteri diversi, quelli che li colonizzano non sono casuali. In linea con il copione che si è evoluto nel corso dei millenni, la natura seleziona i “bravi ragazzi”, quelli che favoriscono funzioni metaboliche vitali per il bambino nella crescita, nutrendo le cellule delle pareti intestinali dell’infante ed estromettendo i cattivi.
Microbiota e malattie
Conoscete la storia di quel bambino neozelandese che non si ammalava mai di tonsilliti streptococciche. La storia vuole che dalla gola di quel bambino venisse isolato un batterio in grado di proteggerlo dalle infezioni, lo Streptococcus aureaus K12. Tradotto in compressa questo stesso batterio sta risparmiando a tanti bambini il fatto di doversi sottoporre a reiterate terapie antibiotiche per finire poi con il subire una tonsillectomia.
Allo stesso modo uno specifico batterio è in grado di contrastare la crescita dei batteri cariogeni. Sarebbe bello poter prevenire la formazione delle carie grazie ad una compressa masticabile arricchita di specifici batteri.
Le infezioni nosocomiali
Vengono definite nosocomiali le infezioni acquisite all’interno di una struttura sanitaria. Di solito i batteri responsabili di queste patologie infettive sono antibiotico-resistenti e quindi difficili da debellare. Tra i batteri più pericolosi al mondo c’è lo Staphilococcus aureus USA3000. È talmente aggressivo da causare il decesso della persona infettata. Però c’è chi è protetto dalla sua attività patogena grazie alla presenza nella cavità nasale dello Staphilococcus lugdunensis. Lo Staphilococcus lugdunensis (la cui batteriocina si chiama lugdunina) uccide l’aureus meglio di quanto farebbe il più potente antibiotico.
Il microbiota vaginale e i vaginotipi
Le donne asiatiche hanno una predominanza di Lactobacillus iners a livello della loro flora vaginale. Le donne caucasiche, per contro, hanno una predominanza di Lactobacillus crispatus. Tra le ispaniche e le africane prevalgono invece i vaginotipi 4A e 4B, entrambi caratterizzati da una scarsità di lattobacilli.
È stato possibile dimostrare che le ispaniche e le africane hanno un’incidenza quadruplicata di vaginosi batteriche se messe a confronto con le asiatiche e con le caucasiche. Si ipotizza che questo fenomeno possa essere messo in relazione con l’assenza di specie batteriche protettive come l’iners ed il crispatus. A questo punto si potrebbe verificare se una supplementazione orale a base di probiotici contenenti Lactobacillus iners e Lactobacillus crispatus possa contrastare l’insorgenza di infezioni vaginali. Le due specie di lattobacilli, infatti, una volta colonizzato l’intestino sono in grado di trasmigrare fino a livello della vagina. Tra le possibili evoluzioni dell’approccio terapeutico vi sarà tra non molto la possibilità di eseguire dei tamponi vaginali che siano in grado di orientare nella scelta del probiotico da somministrare.
Usiamo gli antibiotici solo quando serve, perché…
L’uso smodato degli antibiotici (consigliati anche quando ad infettarci è un virus… al fine di prevenire la sovra-infezione batterica) è la principale causa della comparsa di ceppi batterici antibiotico-resistenti. Ma il problema non si esaurisce qui. Gli antibiotici riducono sensibilmente la biodiversità della flora batterica residente e la riduzione della biodiversità ci rende più suscettibili ad ammalare di fatti infettivi. In sostanza più ci esponiamo alle terapie antibiotiche e più probabilità abbiamo di ammalare di qualche malattia infettiva causata da qualche germe che non risponde agli antibiotici.
TMAO e malattie cardiovascolari: l’asse intestino-cuore
Elevate concentrazioni nel sangue di trimetilammina-N-ossido (TMAO) sono legate ad un aumento del rischio cardiovascolare. Il TMAO è un composto organico derivante principalmente dalla colina (presente nella carne rossa, nel pesce, nel pollame e nelle uova). La colina viene metabolizzata dai batteri del microbioma intestinale in trimetilammina (TMA) che, a sua volta, viene assorbita nel sangue e ossidata in TMAO dall’enzima monoossigenasi contenente flavina presente nel fegato.
Il TMAO modula il metabolismo di colesterolo inducendo infiammazione a livello delle cellule che rivestono i vasi arteriosi, contribuendo ad incrementare, seppur in parte, il rischio di malattie cardiovascolari.
Tra non molto sarà possibile ridurre il rischio cardiovascolare nei soggetti con elevati livelli ematici di TMAO (che si comincia a dosare nei laboratori all’avanguardia) modulando la composizione del microbiota intestinale (uso di specifici antibiotici o di specifici probiotici).
La mia ambizione…
La mia ambizione è quella di riuscire a leggere con estrema competenza il test del microbiota intestinale ( a breve seguirò un corso) e, sulla base di questa analisi, ambisco a fare le giuste prescrizioni. Non è una cosa semplice ed è per questo che sto studiando tanto…
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